Fallire è un’arte. La vita, un tentativo maldestro.

Hai paura di cadere? Tranquillo sotto è tutto cemento, ma tranquillo: tanto ci finiamo tutti. La vera sfiga è non provarci mai.

DEMOTIVATIONAL

Adil Abid

5/9/20253 min read

C’è qualcosa di stranamente ironico nel modo in cui passiamo la vita: facendoci in quattro per evitarne la parte più garantita.
Il decadimento. L'invecchiamento. Le malattie. Il dolore. La morte.
Tutte cose scritte nel contratto, nero su bianco, alla voce “fine corsa”.
Eppure continuiamo a vivere come se tutto questo fosse un’eventualità, non una certezza. Come se fosse un incidente di percorso riservato agli altri, ai meno fortunati, ai non-vegani.

Spoiler: tocca a te.
Non importa quanto mangi pulito, quanti step fai al giorno o quanti integratori al magnesio ti spari dopo la palestra.
Prima o poi il tuo corpo smetterà di rispondere con entusiasmo.
Ti alzerai con un dolore nuovo, uno strano click alla spalla, e ti chiederai: “Ma che ho fatto ieri?”
Niente. Hai semplicemente continuato a vivere.

Ma non è questo il punto.
Il punto è che, pur sapendo tutto questo, continuiamo a vivere nella paura sbagliata.
Abbiamo il terrore di sbagliare una call, di pubblicare il reel sbagliato, di ricevere un feedback negativo.
Ci roviniamo la giornata per una mail passivo-aggressiva, un like mancato, uno sguardo storto durante una riunione su Zoom.

Ci aggrappiamo a piccole ansie quotidiane come se fossero importanti, mentre ignoriamo l’unica vera certezza: tutto finirà.
Il corpo. Gli amici. I sogni. Le persone che oggi ci sembrano eterne.
E quando finirà, sarà improvviso anche se lo sapevamo.

Ci sarà un giorno in cui riceverai quella telefonata.
Quella che ti piega le gambe.
Quella che dice “non c’è più”.
Succederà.
E ti sembrerà impossibile, anche se razionalmente lo sapevi.

Eppure oggi stai qui, a tormentarti per quella cosa che “potrebbe andare male”.
A preoccuparti di cosa penseranno gli altri. A evitare scelte per paura di fallire, di perdere la faccia, di sembrare ridicolo.

Ridicolo è sprecare il presente per paura di un futuro che non esiste ancora.
Ridicolo è stare male oggi per un'ipotesi.
Ridicolo è rimandare la felicità al lunedì prossimo, o a quando avrai gli addominali, o a quando avrai pagato il mutuo.
Come se la felicità fosse un progetto a scadenza e non una possibilità dentro ogni singola giornata.

Viviamo incastrati in un loop mentale fatto di rimpianti e “un giorno forse”, mentre la vita ci scorre tra le dita come sabbia fine e indifferente.
Pensiamo a ieri, roviniamo oggi, e ci risvegliamo domani con la nostalgia di un presente che non abbiamo mai vissuto davvero.

Nel frattempo, ci hanno convinti che dobbiamo essere belli, vincenti, lucidi, ordinati, tonici e sempre in corsa.
Che la tartaruga addominale è il nuovo Graal.
Che se non hai una routine perfetta alle 5 del mattino, non stai cercando il successo.
Che ogni occasione mancata è colpa tua. Che ogni errore ti definisce.

E così la vita diventa un eterno lunedì mattina.
Senza carbonara, senza sbronze, senza errori, senza libertà.
Solo un’infilata di scelte prudenti, chili di ansia travestita da disciplina e la costante sensazione che stai facendo tutto, tranne quello che vorresti davvero.

E poi arriva il momento.
Quello vero.
Quello in cui ti arriva un referto.
Una sigla che non conosci, ma che Google ti spiega con 3 righe fredde.
Una voce medica che inizia a usare parole come “monitoraggio”, “trattamento” e “decorso”.
E lì sì che lo senti lo schiaffo, come Fudo della Montagna che ti scrolla e ti ricorda:
è tutto finito e tu non te ne sei nemmeno accorto.

Non c'è più tempo per dimagrire.
Per far pace con tuo padre.
Per aprire quella birreria.
Per provare a scrivere, per perdonare, per rischiare, per mandare tutto a fanculo e ripartire.

Il tempo che prima sembrava infinito ora si accorcia come un respiro affannato.
E in mezzo, tutto ciò che hai evitato di fare per paura.
Tutti i "non è il momento".
Tutti i "e se poi va male?".

Sai cosa va male per davvero?
Il tempo buttato a vivere per come dovresti, e non per come vuoi.

Non ti sto dicendo di lanciarti in ogni cosa senza pensarci.
Ma se ogni tua scelta è motivata dalla paura, il finale sarà lo stesso. Solo più amaro.
Perché l'invecchiamento arriva comunque.
Le malattie pure.
La morte, garantita.

Il dolore è certo.
La gioia, invece, richiede coraggio.
Il coraggio di fregartene di quello che non conta, per salvare quello che conta.

Quindi no, non servono più abitudini vincenti.
Servono decisioni vere.
Servono momenti in cui scegli te stesso anche se non conviene.
Anche se non è Instagrammabile.
Anche se tua madre non approverà.

Perché alla fine, ci resterà poco: qualche ricordo, due risate, qualche rimpianto (sì, anche se fai tutto bene) e forse, se sei stato abbastanza sveglio, la sensazione di aver vissuto almeno un giorno come volevi davvero.

Se oggi ti chiedessi: “Questa giornata è valsa qualcosa?”
Cosa risponderesti?

Se la risposta è no, tranquillo. Domani puoi cambiare.
Ma non per sempre.
Perché a un certo punto, domani finisce.