Il Futuro dell’ADV è un’Eco-Risonanza del Cervello Umano (O Quasi)

Neurons promette pubblicità perfette prima ancora di lanciarle. Ma se tutto è ottimizzato, cosa resta da inventare? Un articolo tra AI e inquietudine.

VERITÀ VERE FINO AL CONTRARIO DIMOSTRATO

Jonh Frings

6/26/20252 min read

Da piccoli pensavamo che la pubblicità funzionasse grazie a idee geniali, colori sgargianti e slogan memorabili.
Poi siamo cresciuti, abbiamo letto qualche statistica e capito che spesso funziona per caso.
Oppure perché hai speso abbastanza soldi da convincere perfino tua nonna che quel deodorante è "fresco come l’alba".

Ma oggi, nel 2025, pare ci sia una nuova divinità a cui votarsi:
l’intelligenza artificiale che legge il cervello umano meglio di Freud sotto MDMA.

Il marketing non è più creativo. È predittivo.

Loro lo chiamano Neurons.
E no, non è un gruppo indie norvegese.
È una piattaforma AI che, in teoria, ti dice in anticipo se il tuo annuncio farà schifo — senza bisogno di test A/B che ti consumano budget, speranza e pazienza.

Come? Semplice (si fa per dire):
Neurons è stato addestrato su anni di ricerche neuroscientifiche sui consumatori.
Sai, roba tipo dove guardiamo, cosa ci attira, quando il nostro cervello dice “sì, clicco” o “ma anche no”.

Carichi la tua creatività (visual, copy, formati), e in pochi minuti ti sputano fuori:

  • Heatmap che ti mostrano dove cadranno gli occhi (e il giudizio) del pubblico

  • Punteggi comportamentali, perché la gente è prevedibile quanto un lunedì mattina

  • Test su scala, perché anche sbagliare deve essere scalabile ormai

Tutto questo prima di buttare un solo euro in advertising.
Sembra magia.
Ma è solo marketing scientifico.
O scientificamente disperato. Dipende da che lato della scrivania sei.

I numeri sono impressionanti. O intimidatori.

Secondo chi Neurons lo usa (cioè TikTok, Google, L’Oréal e altri con budget a sei zeri anche per il caffè):

  • +73% di CTR in display advertising

  • +20% di crescita nella brand awareness nel settore FMCG

  • +46% di conversioni su Meta Ads

Ora:
o questa AI è un oracolo,
oppure siamo talmente prevedibili che basta un algoritmo per fregarci.

Ma quindi il creativo muore?

No, il creativo non muore.
Si evolve.
Diventa biologo comportamentale con tendenze compulsive al testing.
Dimentica le idee “brillanti”.
Benvenuto nell’era in cui vincono i visual che tracciano meglio il movimento oculare medio di un 32enne stanco, mentre scrolla TikTok in bagno.

In pratica:
non è più importante cosa vuoi dire.
Ma dove lo piazzi, quanto dura il primo secondo, e se il cervello lo capisce prima ancora che tu lo abbia pensato.

Una domanda scomoda: e se tutto questo fosse troppo?

Perché se tutto è testato, predetto, pre-ottimizzato…
Dove finisce la sorpresa?
Dove il rischio, l’errore, l’intuizione?

E poi:
non rischiamo di creare solo ciò che già funziona, reiterando all’infinito lo stesso layout che “ha performato meglio nel cluster 3.1”?

Alla lunga, ci sarà qualcuno a cui piace ancora essere sorpreso, o stiamo davvero diventando solo un fascio di sinapsi da convincere? inoltre, come faremo ad essere veramente disruptive se ci muoviamo solo su terreni conosciuti e prevedibili (in tutti i sensi, ovviamente 🤔)?

Il lato oscuro del ROAS perfetto

Tutto questo, ovviamente, promette ROAS più alti, meno sprechi, e pubblicità su misura per il cervello umano.
Il sogno di ogni marketer.

Ma come tutti i sogni troppo lucidi, può trasformarsi in incubo.
Quando i brand inizieranno a fare tutti le stesse cose “che funzionano”, chi sarà abbastanza pazzo da fare qualcosa che non funziona… ma potrebbe cambiare tutto?

Il rischio è che, nell’ossessione per la performance, dimentichiamo che il marketing è anche pelle, rischio, imperfezione.
Che un po’ di budget sprecato è il prezzo da pagare per un’idea che non si dimentica!

In conclusione (senza conclusione)

Neurons è affascinante.
Un passo avanti.
Forse una scorciatoia.
O forse l’inizio di una nuova dipendenza: quella dal dato, dal punteggio, dal “piacerà al cervello medio?”.
Senza più chiederci se piace a noi, se racconta davvero qualcosa, se sposta anche solo di un centimetro il pensiero.

Usare Neurons ha senso.
Ignorare cosa stiamo diventando mentre lo usiamo… un po’ meno.

Dopotutto, se tutto è ottimizzato, cosa resta da ricordare?