Il Prezzo del Genio: Perché i più bravi stanno sulle palle a (quasi) tutti
Perché i più geniali sono anche i più insopportabili? Il successo non cerca amici. Cerca risultati. E spesso li ottiene a suon di schiaffi morali.
VERITÀ VERE FINO AL CONTRARIO DIMOSTRATO
Adil Abid Air Antonio
8/7/20252 min read


Hai presente quei personaggi che ti mettono a disagio appena aprono bocca? Che sembrano fatti apposta per rovinarti la giornata con un commento tagliente, un ordine secco o un silenzio che pesa come un macigno?
Ecco: spesso sono gli stessi che cambiano il mondo.
Stronzo e vincente non è un ossimoro. È quasi una regola. Il successo ama la solitudine, non le strette di mano Non stiamo parlando del classico “maleducato da ufficio” che urla per sentirsi importante.
Parliamo di quelli che fanno cose impossibili perché non gliene frega un cazzo di piacere a nessuno.
Michael Jordan e Steve Jobs: due universi diversi, stesso principio. O sei al loro livello, o sei un ostacolo. O ti allinei, o ti togli di mezzo. E se ti stai chiedendo se è giusto trattare male gli altri per vincere… la risposta è no.
Ma funziona.
Michael Jordan: la tirannia come sistema motivazionale Jordan non motivava, forgiava. Prendeva a pugni i compagni agli allenamenti. Li insultava. Li umiliava davanti a tutti. E poi li portava a vincere sei anelli NBA.
Tutto calcolato: “Non ho mai chiesto a nessuno di fare qualcosa che io stesso non stavo già facendo”. Tradotto: se sei debole, vattene. Non sei tagliato per stare qui. La leadership di Jordan era un test di sopravvivenza psicologica. Non gestiva persone, selezionava guerrieri.
Steve Jobs: quando il visionario è pure un bastardo Jobs non chiedeva, pretendeva. Il suo “campo di distorsione della realtà” non era magia. Era pressione psicologica a livelli tossici. Ma se sopravvivevi, creavi l’iPhone. O il Mac. O l’iPod.
Il suo segreto? Sapeva benissimo che il 90% del mondo non ha le palle di creare qualcosa di rivoluzionario. Quindi lo faceva lui. E se gli stavi accanto, non era per stare bene. Era per cambiare la storia.
Sgradevole ≠ sbagliato.
Spesso è necessario Jordan e Jobs non erano fuori controllo. Erano chirurgici. La loro sgradevolezza era uno strumento, non una deviazione. Come un bisturi: fa male, ma serve a guarire. E ogni tanto a uccidere l’apatia.
Il punto è questo: quando la tua visione è troppo grande per il mondo che hai intorno, diventi automaticamente antipatico. Non perché vuoi esserlo, ma perché ti muovi troppo veloce, troppo in alto, troppo oltre.
Vuoi piacere o vuoi cambiare le regole del gioco? Nessuno ricorda l’impiegato gentile. Nessuno costruisce imperi con il consenso altrui.
Chi osa davvero viene odiato prima, idolatrato dopo. È un pattern. E funziona.
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