L’Intelligenza Artificiale nel Marketing: la nuova religione dei disperati digitali

Tutti usano l’AI nel marketing, pochi si chiedono dove li sta portando. Un articolo che solleva domande, non hype. E che ti costringe a pensare.

VERITÀ VERE FINO AL CONTRARIO DIMOSTRATO

Adil Abid

6/19/20253 min read

C’era una volta il marketer creativo, quello con l’idea geniale scritta su un tovagliolo, i post-it ovunque, e la bava alla bocca quando pensava a un headline che converte.
Poi è arrivata l’intelligenza artificiale.
E il creativo è diventato un tecnico da prompt, un operatore del contenuto, un impiegato dell’algoritmo.

Benvenuto nell’era in cui si “fa marketing” parlando con una macchina.
Dove la frase “aspetta che lo chiedo a ChatGPT” ha sostituito brainstorming, intuizione e, diciamolo, persino la responsabilità.

Tutti parlano di AI. Ma quanti la usano davvero bene?

Certo, l’AI nel marketing è ovunque. Lo dicono gli articoli, i guru, le agenzie col logo minimal.
Automazione dell’email marketing, chatbot che sembrano umani (ma rispondono come un modem del 1998), analisi predittive, creazione di contenuti, personalizzazione in tempo reale.

Tutto fantastico.
Peccato che la maggior parte delle aziende lo stia usando così:
– Prompt su ChatGPT per fare il copy dei caroselli
– “Scrivimi un’email che converta”
– “Dammi 10 caption per Instagram”
– “Cosa devo scrivere sul mio blog?”

Risultato? Una valanga di contenuti generici, scritti con lo stampino e zero impatto.
La creatività affogata in un mare di efficienza.

Il problema non è l’AI. Sei tu.

Come ogni strumento potente, l’AI moltiplica quello che sei.
Se sei un creativo pigro, diventi un produttore seriale di mediocrità.
Se sei uno stratega serio, l’AI diventa il tuo assistente personale con la velocità di un razzo e l’obbedienza di un monaco zen.

Ma pochissimi marketer si fanno la domanda che conta:
“Cosa sto cercando davvero di ottenere?”

Perché se non lo sai, l’AI ti porterà più lontano… ma nella direzione sbagliata.
Più contenuti, più dati, più campagne.
Tutto più.
Zero senso.

“Ma così risparmiamo tempo!”

Sì, certo.
E poi cosa ci fai con tutto quel tempo risparmiato?
Lo usi per pensare meglio o per produrre più roba che nessuno legge?
Stai costruendo una strategia o stai facendo il karaoke dei template?

Il problema non è “quanto ti fa risparmiare l’AI”.
Il problema è: quanto ti sta facendo perdere in pensiero critico, visione e profondità.

Perché la verità è che molti marketer usano l’AI perché hanno smesso di fidarsi delle proprie idee.

Il rischio peggiore? Il contenuto che funziona… ma non dice nulla

Ecco il pericolo più subdolo:
L’AI genera contenuti che funzionano.
Ottimizzati, ben formattati, con le keyword al punto giusto.
Ma… vuoti.
Come quegli influencer che fanno milioni di views dicendo tutto e niente.

Sai qual è il risultato?
Un pubblico saturo.
Utenti iperstimolati che scorrono senza guardare, leggono senza ricordare, cliccano senza capire.

E poi ci chiediamo perché le metriche di coinvolgimento sono morte.

Cosa serve davvero? (Spoiler: non un nuovo tool)

L’AI è qui per restare.
Ed è potente. Ma non è un cervello.
Non conosce il tuo cliente, il tuo mercato, i non detti che fanno vendere.
Non ha intuito. Non ha malizia. Non sente l’urgenza dietro un bisogno.
E soprattutto: non ha il coraggio di dire qualcosa di scomodo.

Il vero marketing — quello che funziona, converte, emoziona — ha ancora bisogno di umani che pensano.
Di brand che si espongono.
Di copywriter che osano.
Di strategie costruite su dati veri e intuizioni reali, non su prompt generici.

L’AI è il nuovo Word: serve a tutti, ma non basta a nessuno.

Vuoi usarla per scrivere? Fallo.
Per automatizzare l’email marketing? Ottimo.
Per migliorare le performance delle ads? Sacrosanto.

Ma ricordati: la tua unicità non è automatizzabile.
Il tuo brand, se è costruito solo su efficienza, non sopravviverà a questo overload.

Perché alla fine, tra una valanga di contenuti perfetti ma tutti uguali, vincerà chi saprà ancora disturbare lo scroll.

In conclusione (aperta, come sempre)

La domanda non è “L’AI ci ruberà il lavoro?”.
La domanda vera è: cosa stiamo diventando mentre la usiamo?

Stiamo delegando solo il lavoro pesante… o anche il pensiero?
Stiamo ottimizzando i processi… o disimparando la strategia?
Stiamo risparmiando tempo… o perdendo la voce?

L’intelligenza artificiale è qui.
Il punto è: tu, quanto sei disposto a restare umano?